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Category ArchiveAvventure in Bianco e Nero

Esordio vittorioso in “Lazio 7”!

Il neonato sodalizio tutto cassinate “Erre J Effe” (a proposito: vi abbiamo già detto che ci trovate alla “Casa della Cultura”, al parco “Baden Powell” di Cassino, vero?), affiliato al più ampio circolo “multi-territorio” “Quattro Torri-G. Castello“, era atteso al battesimo delle 64 caselle il 23 Febbraio 2020 nel Campionato Italiano a Squadre, girone Lazio 7. A farci visita, la temibile compagine dell’Accademia Scacchistica Ciociara 3, che schierava in prima scacchiera un Candidato Maestro del calibro di Massimo Megale (Elo FIDE 2023), in seconda l’espertissimo e coriaceo Domenico Procacci (2N, Elo FIDE 1740), in terza l’altra 2N Massimo Vecchio (1592) e in quarta l’esordiente NC Domenico Corobolo.

I colori cassinati erano difesi da

Passeggiata reale

Gli ultimi due turni del Campionato Italiano a Squadre (serie C) hanno visto la nostra formazione concorrere per la promozione in serie B. Purtroppo il cammino si è fortemente complicato già al 5° turno, quando, in quel di Latina, avremmo dovuto vincere anche solo di misura per avere la quasi certezza della promozione. La sconfitta del nostro capofila Ettore Roccatani in prima scacchiera, giunta molto presto, ha imposto a Fabrizio De Cristofano, Simone Teodonio e me di cercare il risultato pieno. Probabilmente il compito più ostico era il mio: affrontare in seconda scacchiera una forte 1N con Elo di 1860 non è esattamente una passeggiata. E mentre Simone (dapprima in vantaggio, poi in posizione difficile) riusciva a pattare, Fabrizio sottovalutava le potenzialità del suo temibile avversario e doveva soccombere. Restava in gioco soltanto l’onore: ed era paradossalmente proprio una passeggiata quella che segnava la mia vittoria contro un avversario simpatico e di prestigio. Non una passeggiata qualunque, ma quella di una testa coronata, canuta e bianca. Un passo alla volta, senza fretta; una storia di altri tempi, prima del motore. In effetti, molti temi presenti in questa partita sono quasi di un vintage malinconico, con

Precedenze in diagonale

Prima di scrivere questa analisi mi sono arrovellato nel dubbio: il Lettore non vorrà leggere in questa seconda partita mia consecutivamente pubblicata una sorta di “superbia da Prima Scacchiera Interplanetaria”? Ci ho dunque riflettuto un bel po’, poi ho deciso di pubblicare proprio questa partita. I motivi sono molteplici:
1 – è l’unica partita (oltre quella di Alex) di cui sono in possesso, e poiché la sfera di vetro è in riparazione non posso indovinare le mosse delle altre partite [che, ricordo, vanno indirizzate qui: dgtpi (chiocciola) italink punto net];
2 – è una partita secondo me molto pregevole sotto il profilo estetico e anche abbastanza istruttiva, e sono certo che il mio bravissimo avversario Paolo “Akon” Marcelli è d’accordo con me;
3 – è un esempio di come la logica dei motori scacchistici sia completamente distante dal pensiero umano.

Partiamo subito dalla terza considerazione. Nonostante di solito io cerchi di NON usare i motori,

A New York, con scalo a Londra

Con Domenico Baldassarra abbiamo avuto il piacere, qualche settimana fa, di rivedere un’antica partita giocata in un torneo di Sora di… non dico quanti anni fa, quando già risplendeva l’astro di Gianni Donarelli. Con l’inossidabile e irriducibile Mauro Catracchia rappresentammo, per un certo periodo, la triade più agguerrita dello scacchismo nella nostra provincia: Gianni, in verità, irruppe un po’ dopo e fu un’irruzione che lasciò il segno, eccome. Io e Mauro eravamo più improvvisatori, più portati all’avventurismo tattico: Gianni si presentò con una preparazione teorica e una solidità di gioco che rappresentavano delle novità nel contesto dello scacchismo del frusinate. Gli rivolgo un sommesso ma accorato appello da questo sito, anche se sono svariati anni che non abbiamo il piacere d’incontrarci: caro Gianni, che ne diresti di tornare a corteggiare l’antico amore? Le membra saranno un po’ acciaccate ma la voglia di perdersi nelle praterie degli scacchi potrebbe tornare quella d’antan! Il cavallo (e gli altri pezzi, ovviamente!) si sentirebbero in buone mani.

Domenico Baldassarra, dicevamo.

Il cammello degli Urali

Gli Urali, e segnatamente la città di Zlatoust, hanno una lunga e consolidata tradizione scacchistica: proprio a Zlatoust è nato, nel 1951, il grande Anatolij Karpov. Ma gli Urali non sono solo la patria dell’ex Campione del Mondo: il capoluogo dell’oblast’ uralico è Čeljabinsk, dove è nato il GM Evgenij Ėllinovič Svešnikov. Nel caso ve lo stiate chiedendo, la risposta è sì: si tratta proprio dell’eponimo della notissima e popolare variante della Difesa Siciliana (B33 secondo il sistema di classificazione dell’Enciclopedia), colui che ha dato il proprio nome, insieme a Lasker, alla Variante Sveshnikov. Il talentuoso GM uralico ha rivoluzionato la teoria delle aperture insieme a un pungo di “commilitoni scacchistici” della sua città, tant’è che la variante è anche chiamata “variante Čeljabinsk”, essendo stato a lungo un vero e proprio marchio di fabbrica della squadra di quella città. All’inizio guardata con sospetto e considerata largamente inferiore, per via della intrinseca debolezza del pedone d6, nelle sapienti mani dei giocatori degli Urali la variante si è evoluta in un sistema molto usato e promettente per il N; l’unica pecca, se pecca è, di Sveshnikov è che lui è un tipo altamente dogmatico: per esempio, a parte l’ovvio fatto che contro 1.e4 gioca sempre e solo la sua variante, propugna all’universo mondo la teoria che esiste un’unica variante corretta contro la Siciliana, ed è la variante Alapin. Un novello Tarrasch, dunque, che ha conquistato il mondo siculo con le sue audaci proposizioni. La sua apertura (1.e4 c5 2.Cf3 Cc6 3.d4 cxd4 4.Cxd4 Cf6 5.Cc3 e5 6.Cdb5) si presenta simile alla più posizionale

Nasino Francese

Come molti sanno, la Difesa Francese deve il suo nome al famoso match per corrispondenza giocato nel 1834 fra Londra e Parigi: la sua adozione in tutte o quasi le partite da parte del circolo francese, con lusinghieri risultati, valse all’apertura il nome che porta. Pochi invece sanno che è stata cantata anche in un album del nostro Enrico Ruggeri, ormai più di 30 anni fa!
Non è un’apertura facile da giocare per il N, ma è complicatissima da affrontare per il B. Solida, spinosa, senza fronzoli richiede comprensione strategica non comune, ma anche tanta pazienza. Nata come strumento difensivo da opporre all’Alfiere “italiano” in c4 chiudendone la “diagonale della morte” a2–>f7, si è evoluta in un’apertura dalle molteplici sfaccettature strategiche, in cui domina, come nell’Ortodossa, il problema dell’A campochiaro del N. In italiano, per i tipi della “Mursia” sono comparsi due volumi fondamentali per questa apertura (che è stata, prima della dilagante moda sicula, la regina dei giochi detti “semi-aperti”): uno, specificamente dedicato alla più recente variante Tarrasch (1.e4 e6 2.d4 d5 3.Cd2), ad opera del M° Franco Zaninotto; un altro, più classico e generico ma comunque essenziale, fu scritto dal compianto MI Giorgio Porreca (“La Difesa Francese“). Probabilmente nulla descrive meglio questa difesa delle parole di Porreca: «Personalmente confesso che ogni volta che ho adottato la Francese, immancabilmente per l’intero arco della partita sono stato preda di un grande amore-odio-amore per essa: amore al principio, per la suggestione dei primi insegnamenti del M° Del Vecchio, un sensibile cultore della Francese; odio poi, per le sofferenze che essa impone per lunghe fasi di gioco; ancora amore, infine, per la soddisfazione dei risultati che essa in genere mi ha procurato (…)». Questo si legge nella mia copia, acquistata il 17 settembre 1982,

Il volo del calabrone

Il volo del calabrone” è il terzo episodio dell’opera “La favola dello zar Saltan” (composta fra il 1899 ed il 1900) di Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov, quando il protagonista viene trasformato in un insetto. A dire il vero, il tipo di apertura adottato dal N in questa partita ha poco a che fare con il pericoloso fratello maggiore delle api, visto che in realtà si chiama “Difesa Avvoltoio” (A56 o A46, secondo l’ordine… disordinato delle mosse), patrocinata da Stefan Bucker. Si tratta di una difesa strettamente imparentata con la rarissima “Difesa Doery“, caratterizzata da una diversa sequenza iniziale (1. d4 Cf6 2. c4 e6 3. Cf3 Ce4) che tenta di mescolare le carte al B ostacolando la proposta di Ovest Indiana con dei temi anomali e comunque a là Nimzowitsch. Bucker stesso, per tornare all’Avvoltoio (nella sua variante “classica” 1.d4 c5 2.d5 Cf6 3.c4 Ce4!? 4.f3 Da5+ 5.Cbd2 Cd6) ha chiamato così la sua creatura, spiegando:

Makogonov, chi era costui?

Abbiamo il primo coraggioso “vero”! Domenico Notarangelo, grandissimo appassionato di scacchi, colonna portante del nostro circolo, linuxaro (o linuxista, o linuxologo… boh? Insomma, gli piace il buon, vecchio Red Hat, altro che Winblows!), mi ha spedito da qualche giorno una sua interessantissima partita. Interessante doppiamente (e per me triplamente): perché ha inviato la partita per email, accompagnandola da poche righe laconiche, da cui però traspare un orgoglio e un’emozione mal celati (“Buongiorno. La mia miglior partita di Sempre 🙂 In allegato il pgn con miei commenti, più che altro la storia della partita! Ho usato Scid.
Ciao.”): è il primo “umano de noantri” che mette nero su bianco (in tutti i sensi, come vedremo) le proprie analisi e i propri tormenti interiori; poi perché si tratta di una variante di tutto rispetto, che porta il nome ostico

Un Akiba mancato

Nello straripante mondo delle aperture scacchistiche un ruolo poco conosciuto è giocato da quello che molti chiamano “Attacco Rubinstein“, in onore del grandissimo Akiba, che iniziò a giocare la variante (oggi nota come D04 secondo la classificazione dell’Enciclopedia, anche se moltissime sono le trasposizioni possibili) con frequenza a partire dai primi anni del ‘900. Più che di “attacco”, in effetti, si dovrebbe chiamare “sistema”, poiché un suo cospicuo vantaggio -non trascurabile in un periodo storico in cui la mole di teoria è diventata proibitiva anche a livelli medi- è quello che le sue prime 10-12 mosse possono essere giocate dal B praticamente con il pilota automatico. Non che siano impossibili variazioni sul tema, naturalmente, ma, in linea generale, lo sviluppo del B segue una sequenza spesso sempre uguale. Questo non significa che la lotta possa essere meno interessante, anzi: l’apertura è ricca comunque di possibili elementi strategici di estremo rilievo e grande varietà per entrambi i colori, e nel mediogioco può esplodere all’improvviso in attacchi violentissimi praticamente in ogni zona della scacchiera.

Non è andata così in questa partita: il B decide di entrare in una continuazione forse leggermente inferiore, ma conserva una sostanziale parità. Uno dei problemi della Rubinstein è che la complessità dei temi strategico/posizionali rischia di essere assai “time consuming“; la sensazione di essere comunque in una botte di ferro, specialmente per il B, è spesso forte, al punto che i due elementi

Niente complicazioni, siamo Inglesi

Renato Verdicchio, classe 1977, è l’artefice principale della rinascita scacchistica ad Atina e nel Cassinate. Sebbene non riesca a dedicare agli Scacchi il tempo che vorrebbe, in pochi anni è riuscito a colmare il gap con i migliori giocatori della Provincia, conquistando una meritatissima 2N. Ma non basta: è un istruttore attivissimo come pochi, e un organizzatore dalle mille e mille idee. Ha riunito intorno a sé un manipolo di irriducibili, che partecipano con grande entusiasmo e risultati non disprezzabili (come l’aver sfiorato la promozione in serie B lo scorso anno) al Campionato Italiano a Squadre, a cui il nostro Circolo partecipa con ben tre squadre (serie C, Promozione e Junior). In questa partita, con il suo stile solido e concreto, impegna a fondo il CM Marco Renzi.
La sua apertura prediletta (l’Inglese) è qui interpretata secondo le sue consuete caratteristiche: Renato ama giocare, se possibile, una specie di Dragone Iper-accelerato a colori invertiti (un tipo di variante di cui so che ha chiesto il copyright), per poi lanciarsi sull’avversario spesso estenuato dalla complessità dei temi strategici dell’apertura. Ma Renzi è un osso duro…