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Miniature fantastiche e dove trovarle – Niente gioie, siamo Londinesi

Nel mondo post-Covid19 assisteremo certamente a diverse rivoluzioni, e alcune le stiamo già vivendo. Gli Scacchi, per esempio, sono tornati prepotentemente alla ribalta (pure troppo, a dire il vero, vista la proliferazione di canali Iutiubbe dalla molto dubbia validità, e dal numero di neofiti che -anziché fare i neofiti- si atteggiano a profondi sproloquiatori discettanti di aperture, mediogioco, finale e cheating con una sicumera impressionante. Il tutto basato su profonde partite… 3+0, quando va bene…), in particolare nelle sue modalità più snelle (smart, dicono quelli fighi) e online. Va anche bene, per carità!, purché a questo fervore post-Covid, post-“Regina degli Scacchi”, post-moderno, post-gioco e post-un-sacco-di-roba possa seguire un’analoga diffusione della competizione sana su una bella scacchiera vera e in 3D. Ecco, questa la accetterei anche elettronica e DGT, come la mia 🙂

Non sfuggono al richiamo online e a quello del Rapid neanche i grandi campioni, ovviamente. Sotto questo profilo, non posso che esser loro grato, per due ordini di motivi. Il primo è di consolazione: si vedono, anche nelle 15+10, certe cappelle in stile Sistina che lèvati… Il secondo è che in questo modo questa rubrica informale si arricchisce sempre di più, per iul divertimento puro mio e -spero!- anche vostro.

Diamo un’occhiata a uno dei recenti tornei del Champions Chess Tour. Dal 24 aprile al 2 maggio hanno giocato al classico torneo del New In Chess (NIC) i soliti noti, affiancati da alcuni nuovi arrivati come i norvegesi Tari e Christiansen, il britannico Jones, gli indiani Vidit e Praggnanandhaa e il vietnamita Le Quang Liem. Questo torneo (un Rapid 15+10, per l’appunto) si è tenuto subito dopo che Ian Nepomniachtchi, vincendo il torneo dei Candidati, è diventato lo sfidante di Magnus Carlsen. E proprio insieme al Torneo dei Candidati, l’evento di NIC è ormai un’eccellente vetrina per gli scacchi e per i migliori giocatori.

Miniature fantastiche e dove trovarle – Il ruggito del leone

Viktor Korchnoi (1931-2016) non ha certo bisogno di presentazioni: una vita intera “prestata” agli Scacchi, un successo straordinario mai coronato dalla meta più alta e più ambita del Campionato del Mondo, tutto sommato per mera fatalità. Mi sembra molto bella quella di chess24.com, che traduco senza ulteriori commenti, tanto è precisa e emozionante nei suoi passaggi.

Korchnoi è una delle vere leggende degli scacchi e secondo molti è il “giocatore più forte mai diventato campione del mondo”. Ha giocato tre match che avrebbero potuto dargli il titolo ed è stato ai vertici degli scacchi mondiali per 30 anni, vincendo partite contro tutti i campioni del mondo, da Botvinnik a Kasparov. I suoi quattro campionati dell’URSS e sei medaglie d’oro olimpiche per l’URSS sono tanto più notevoli dal momento che disertò in Occidente nel 1976, all’apice della sua forza. In termini di longevità scacchistica ha pochi rivali e la furiosa voglia di vincere che lo ha fatto soprannominare “Viktor il Terribile” lo ha aiutato a figurare nella Top 100 all’età di 75 anni e a battere la giovane stella Fabiano Caruana a 79.
Il talento di Korchnoi era già evidente quando vinse il Campionato Junior dell’URSS nel 1947, ma fu la sua capacità di duro lavoro e di miglioramento graduale ciò che lo distingueva. Il suo stile di contrattacco basato sul calcolo profondo piuttosto che sull’intuizione ha dato a Korchnoi risultati piuttosto irregolari negli anni ’50, ma riuscì a restare costantemente al top dopo i 30 anni, vincendo il campionato dell’URSS nel 1960, 1962, 1964 e 1970. Qualcuno ipotizza che abbia perso il match di semifinale dei candidati contro Tigran Petrosian nel 1971 a causa di un accordo sovietico interno, perché sembrava all’establishment che Petrosian avrebbe avuto migliori possibilità contro Bobby Fischer; quando Fischer abbandonò titolo mondiale e gioco, parve ai più che potesse finalmente essere il turno di Korchnoi di reclamare la corona.
La sua grande sfortuna è stata che l’apice della sua carriera si è sovrapposto non a uno ma a ben due grandi campioni. Il giovane Anatoly Karpov emerse dal nulla per diventare il beniamino degli scacchi sovietici e si sarebbe rivelato la nemesi di Korchnoi. Nel loro primo match nel 1974 (finale del torneo dei candidati) Korchnoi subì tre sconfitte, ma riuscì a mettere a segno un recupero purtroppo tardivo perdendo solo 12,5-11,5. Quel match in effetti consegnò a Karpov la corona perché l’anno dopo, com’è noto, Fischer si rifiutò di difendere il titolo. Nel 1976, in occasione del torno IBM di Amsterdam, Korchnoi disertò, gettando poi nello sgomento le autorità sovietiche perché riuscì a qualificarsi per la finale mondiale contro Karpov. La loro resa dei conti nelle Filippine sarà ricordata come una delle gare più aspre e bizzarre nella storia degli scacchi, con accuse di imbrogli che coinvolgono l’ipnotismo e messaggi in codice inviati con lo yogurt. Sulla scacchiera Korchnoi andò di nuovo in grande svantaggio all’inizio (4-1) in un match comunque estremamente equilibrato in cui aveva buttato via diverse occasioni, ma riuscì a compiere una clamorosa rimonta pareggiando il match sul 5-5 dopo 31 partite, solo per perdere la decisiva partita successiva (la vittoria andava a chi avesse vinto 6 partite, senza contare le patte), nella gara più lunga dai tempi dell’incontro fra Capablanca e Alekhine del 1927.
Nel 1981 Korchnoi aveva ormai compiuto 50 anni, ma si qualificò di nuovo per affrontare Karpov. Il match è però tristemente noto come il “Massacro di Merano” poiché Korchnoi subì una durissima sconfitta per 6-2 nella città italiana, sebbene gli eventi scacchistici siano stati certamente condizionati dalla prigionia di suo figlio in URSS. Il ciclo successivo ha segnato un cambio della guardia, poiché Korchnoi fu sconfitto nella semifinale del torneo dei candidati dall’astro nascente di quegli anni, il giovane Garry Kasparov.
Sebbene non sia mai più riuscito a lottare per il titolo, Korchnoi è rimasto attivo e forte negli scacchi competitivi molto tempo dopo che i suoi coetanei si sono ritirati. All’età di 80 anni raccontò a un intervistatore che continuava a lavorare sugli scacchi quattro ore al giorno, e i suoi successi includono la vittoria del campionato mondiale senior nel 2006 e del campionato svizzero nel 2009 e 2011.
Nel 2012 Korchnoi ebbe un ictus, ma rimase indomabile, tornando a giocare a scacchi competitivi su una sedia a rotelle prima di morire all’età di 85 anni.

E dopo tanta rivalità acerrima, è molto bello leggere l’elogio funebre che di lui fece l’arcinemico Anatoly Karpov. Nel 1978 la Tigre di Leningrado (un altro dei suoi celebri soprannomi) era forse all’apice della forza. E direi che si nota non poco dalla partita che vado ad illustrare, la quale esemplifica molto bene lo stile aggressivo di un giocatore che spesso era abbonato allo zeitnot, per la tendenza fortissima a cercare sempre il meglio nella posizione. Il suo avversario, Werner Hug, classe 1952, era un giovane astro nascente quando fu giocata questa partita.  Era diventato Maestro Internazionale nel 1971, quando vinse sorprendentemente il Campionato mondiale Juniores. Campione elvetico assoluto nel 1975, era un giocatore di ottima esperienza, e nel 1979 stabilì il record mondiale ufficiale di partite simultanee su 560 scacchiere (+385 -49 =126). Eppure qui fa quasi la figura del principiante…

 

Giusto in tempo per avere una miniatura!

Beh, io questa partita la trovo semplicemente affascinante, come avrebbe detto il signor Spock.

Cappelle di livello

Chi è che, specialmente al mio (infimo) livello, non si è mai preso qualche dozzina (vabbè, facciamo un centinaio… almeno) di solenni arrabbiature, per una cappella decisiva in una partita, per quanto amichevole? Diciamolo pure: il numero delle sviste, di solito, è un numero elevato alla potenza “N-sima” (diversa da 0 o 1) del numero di mosse da “!” giocate nell’arco della propria carriera scacchistica. In linea generale, si ha la tendenza a considerare i grandi giocatori piuttosto immuni non dico dalle sviste in genere, ma quanto meno da quelle più clamorose e rumorose: che so, scacco di scoperta alla successiva; pezzi in presa gratuita ed immediata; amenità di questo tipo, al livello della Fossa delle Marianne. Certo, gli efficienti motori e computer di oggi spesso scoprono errori anche nelle combinazioni più spettacolari dei migliori giocatori del passato e di oggi; tuttavia, scoprire che anche i giganti e i supergiganti del Nobil Giuoco soffrono di inspiegabili defaillance è una cosa che -come ha scritto nella nostra chat Whatsapp il mio amico e collega Sergio Marandola- “rivaluta noi peones“. Il fatto sorprendente è che di sviste giganti, super e da campioni (come la pubblicità di un pannolino per bambini di un po’ di anni fa) ce ne sono davvero tante! Non penso di aver scoperto l’acqua calda: Paolo Bagnoli, nel suo bellissimo e divertentissimo “Scacchi. Storia, controstoria altre cosa ancora” (Mursia) distribuisce a piene mani una gustosa serie di errori epocali, specialmente a partire da pagina 223.

Mi era già venuto in mente di scrivere qualcosa su queste “marronate bibliche” tempo addietro, riguardando il match Karpov-Korchnoi del 1978. L’ispirazione definitiva mi è venuta oggi, sfogliando l’ultimo numero digitale di un’altra bella rivista, “British Chess Magazine“, consociata di “American Chess Magazine“, ed edita dalla Pockets Magazine, che vanta decine di riviste di ogni genere. Alex se ne è fatto regalare l’abbonamento, e ovviamente ne approfitto anch’io. Ma andiamo con ordine, e partiamo dal basso -si fa per dire-. “Pensa come un Grande Maestro” di Alexander Kotov (persona stimabilissima, anche perché nato il 12 agosto, come me 😀 ) è uno dei libri che io considero fondamentali per il gioco, sebbene molti lo critichino. Nel paragrafo “Vertigine da successo” racconta un significativo aneddoto occorso durante un suo torneo giovanile, nella natìa Tula. Riportando il seguente diagramma, scrisse così:

«Io ero il Nero e avevo una posizione completamente vinta. Ero infastidito dal fatto il mio avversario, un certo Golubev, non abbandonasse, sebbene avesse praticamente una Torre in meno. Era il mio turno di muovere, e decisi che la gioia della vittoria non poteva essere più rimandata. Il mio avversario aveva già piegato il suo formulario in due, dopo averci scritto “Abbandona“, e lo aveva messo in tasca. Con un’aria di infelicità guardava la scacchiera, e sembrava esprimere, con il suo intero comportamento, che non appena avessi eseguito la mia mossa avrebbe abbandonato. Così eseguii senz’altro la più ovvia possibile, catturando il suo Alfiere con la mia Torre. Immediatamente, l’altro Alfiere (il suo) guizzò nell’aria e si abbattè con un fulmine in d8 (1. Ad8). Quindi, con gesto concitato, il mio avversario mise in moto l’orologio e guardò trionfante la gente che seguiva la partita. Tirò fuori il formulario, scrisse in basso la sua mossa, e mise la parola”Abbandona” nella mia colonna. Ero io, quello che doveva abbandonare!»

Beh, non male per un GM temibile come Kotov, che all’Interzonale  di Zurigo nel 1953 annichilì il decano dei GM viventi, Yuri Averbach, con una famosissimo sacrificio di Donna alla 30a mossa, no?

OK, diciamo che Kotov non si è mai avvicinato al tetto del mondo. Vogliamo vedere che cosa combinò il GOAT, il mio preferitissimo Bobby Fischer, nella Coppa Piatigorsky del 1966? Opposto a Miguel Najdorf (un avversario per lui non certo irresistibile) arrivò a questa posizione:

Najdorf-Fischer, Coppa Piatigorsky, Santa Monica, 1966

Pochi di voi forse crederebbero che il futuro undicesimo Campione del Mondo ebbe l’ardire di giocare 31… Cd6??, dovendo abbandonare alla successiva 32. Cxd6. Per fermare sul nascere le obiezioni ferree del nostro nuovo Presidente (un triplice urrà per l’inimitabile e generosissimo Roberto Di Vizio!), vi faccio notare che dopo 31… Dxd6 32. Cxb7 Txb7 33. Dc8+ il Nero si ritrova con un pezzo in meno…

Passano gli anni, non senza cappelle, evidentemente. A parte quella epica dello stesso Fischer nella 1a partita del match del 1972 contro Spasskij (ma lì si può quasi capire: verosimilmente non fu una svista, ma un’errata valutazione a costare un intero punto all’americano), nel successivo Mondiale del 1978, drammatico e titanico, tenutosi a Baguio nelle Filippine, si arrivò alla partita che mi fece venire in mente l’idea di scrivere di cappelle mondiali. Alla 17a, Korchnoi con il Bianco arrivò  a questo punto, con il consueto zeitnot (a cui era abbonato):

Korchnoi-Karpov, Campionato del Mondo 1978 (17)

È facile (?) vedere che la più completa parità, con probabile patta, si ottiene con 39. g4 (Roberto, controlla pure con un motore a tua scelta). Infatti. Il terribile Viktor giocò però 39. Ta1??, prendendo un matto di quelli che fanno male: 39… Cf3+, a cui sarebbe seguito 40. gxf3 (non cambia la storia 40. Rh1 per 40… Cf2#, e neanche 40. Txf3 Tc1 41. Tf1 Txf1#) 40… Tg6+ 41. Rh1 Cf2#.

Ci sono innumerevoli alti e altri esempi di baggianate eclatanti, di cui magari parlerò in altre occasioni. Ora chiudo con gli ultimi tre casi; il primo fattaccio (un po’ meno clamoroso nell’immediatezza della “prima” mossa, ma comunque stupefacente) avvenne all’11a partita del match mondiale del 1985 fra Kasparov (Bianco) e Karpov (Nero). E non è facile trovare un errore così da parte di Anatoly… Vediamo rapidamente la partita, fino al punto cruciale:

Adesso, le due “perle” recentissime di Magnus Carlsen (come dite? Sì, proprio quel Carlsen: il Campione del Mondo in carica) riportate impietosamente da BCM, numero di Gennaio 2021. L’evento è online, l'”Airthings Masters“, giocato su piattaforma Chess24.com; già nel turno preliminare contro Aronian il norvegese dimostrò di essere fuori fase, e il suo avversario non volle essere da meno:

Carlsen-Aronian, torneo “Airthings” – turno preliminare

Ci crediate o no, Aronian (uno che è arrivato a un Elo di 2830, e attualmente ne possiede uno di 2773: niente di che, appena 997 punti più di me) in questa posizione ha giocato 42… Td4?? (si doveva giocare 42… Th2+, con presumibile parità). Ora, non serve essere il Campione del  Mondo per vedere che 43. f4+ guadagna una Torre secca, giusto? Ma Carlsen, il cui pensiero era in altre faccende affaccendato, rispose con l’inguardabile 43. Txd4??, e la partita è finita patta dopo poche mosse. “Come si fa?”, vi starete chiedendo. Anch’io, perché nello stesso torneo (stavolta nella fase “knockout“) Magnus affrontò l’emergente Daniil Dubov (24 anni, GM dall’età di 14 anni e 11 mesi). E anche qui, i due grandi avversari si sono superati…

I commenti sono del GM Alexandar Colovic. Quest’articolo di “British Chess Magazine” (Solidity before all) andrebbe ben sviscerato; in ogni caso, la prossima volta che lascerete un pezzo in presa, o vi daranno un matto che non avevate visto né sotto il vostro naso (come capita a me), né con il telescopio (come capita ugualmente a me, che di telescopi sono ben fornito),  vi sentirete un po’ meno soli nell’Universo 🙂 E sappiate che questo è solo un antipasto!

Cambio Spagnolo

La Partita Spagnola (o Ruy Lopez: qui un “Bignami”di ricapitolazione) è una delle aperture, come si sa, più giocate in assoluto e più ampiamente analizzate da oltre 500 anni. Non c’è scacchista che non l’abbia giocata (col Bianco, col Nero o addirittura con entrambe), e dispone di una miriade di varianti dalle caratteristiche uniche: di fatto, ogni variante vive di vita propria, ha una sua personale identità, una peculiarità che rende difficile padroneggiare questa apertura ad ogni livello. È stata protagonista di numerosi match mondiali, e nel 2000 vide rivitalizzata una variante fino ad allora considerata inferiore (la Difesa Berlinese) da parte di Kramnik, che mise in profonda crisi il campionissimo Kasparov, del tutto impotente davanti al muro berlinese costruito dallo sfidante. Anche in precedenti incontri mondiali la Spagnola fu protagonista; anzi, personalmente fui affascinato e colpito dalla scelta di Korčnoj che, sia nel drammatico match di Baguio del 1978 che in quello brevissimo di Merano nel 1981 adottò la Variante Aperta contro la 1. e4 di Karpov, con risultati alterni.

Lo storico testo di Giorgio Porreca

Mi sembra inutile segnalare, anche solo per sommi capi, il grandissimo numero di varianti che si dipana dalla semplice sequenza di mosse 1. e4 e5 2. Cf3 Cc6 3. Ab5: ne fui grandemente colpito, ovviamente, oltre 35 anni fa, quando, volendo studiarla, trovai l’unico testo che all’epoca era dedicato alla Spagnola:

L’altra metà del Cielo

Lo scacchismo femminile non è particolarmente diffuso, anche se rispetto al passato si sta sviluppando moltissimo anche in Italia. A parte le battutacce retró di Bobby Fischer, che per rispetto non mi va di riportare, è davvero un peccato che “l’altra metà del Cielo” (come direbbero i Cinesi) non goda della stessa popolarità delle performance maschili. Ci sono fior di giocatrici che non hanno nulla da invidiare alla bravura dei maschietti. Basta il nome delle tre sorelle Pólgar per dimostrare la bravura delle donne, anche alla faccia di chi sosteneva che le tre ragazze ungheresi erano in realtà il frutto di un “esperimento” ben riuscito del padre… sarà anche vero, ma dalle rape non è che si può cavare il sangue, e se le tre terribili hanno raggiunto vette straordinarie evidentemente la stoffa c’è. Per dire, Judit Pólgar ha fatto fuori parecchi campionissimi maschietti… Nella storia femminile degli Scacchi più recenti (e non parlo quindi dei tempi mitici della grandissima Vera Menchik, che regnò per 17 anni prima di perdere la vita

Primavera al crepuscolo

La garan massa di persone conosce Boris Spasskij solo per il famosissimo e leggendario match del 1972 con Bobby Fischer, sebbene ogni scacchista sappia che in realtà Boris (classe 1938) è stato uno dei più grandi giocatori di tutti i tempi, dallo stile cosiddetto “universale” e in grado di tagliare gli artigli di Petrosjan nel giugno del 1969.
Bent Larsen è meno conosciuto e -anche fra gli scacchisti- meno ricordato; tuttavia era un giocatore di spicco fra la prima metà degli anni ’60 del secolo scorso, fino alla morte per emorragia cerebrale giusto 10 anni fa.
Nel 1973, con 2660 aveva il terzo punteggio Elo nel mondo alle spalle di Bobby Fischer (a quei tempi neo-campione) e dello stesso Spasskij, ed è anche famoso per essere stato asfaltato 6-0 da Fischer nella semifinale dei candidati del 1971, come era avvenuto anche al malcapitato

(S)Profondo Rosso

Non ho naturalmente il benché minimo dubbio che viviamo in un’epoca, scacchisticamente parlando, lontana anni e anni-luce da quella della mia adolescenza; allo stesso modo, non ho alcun dubbio che Magnus Carlsen sia destinato a essere un fenomeno di rilievo storico. Allo stesso modo, però, sono assolutamente certo che gli Scacchi (con la “S” maiuscola) sono ben altra cosa rispetto quello che viene giocato oggi. Saranno le cadenze? Sarà il ricorso massiccio a ogni livello ai computer e ai motori, con le loro analisi fredde e inumane? Sta di fatto che, personalmente, ho grosse difficoltà a provare un qualche tipo di soddisfazione nell’esame delle partite degli ultimi 15-20 anni. Alla fine del 2018 (come qualcuno ricorderà, avevo ripreso a giocare da circa due anni), ho assistito con curiosità al Campionato del Mondo. Pur non essendone tifoso, pensavo che Carlsen avrebbe vinto senza difficoltà. Quando ho visto l’indecente spettacolo pattaiolo,

Dalla Lettonia con… sfortuna

Non so quanti conoscano e/o ricordino David Ionoviç Bronštejn. Nato nel 1924 e scomparso nel 2006, è considerato tutt’ora uno dei più grandi giocatori di tutti i tempi. Fu finalista nel Campionato del Mondo del 1951 contro Botvinnik (che conservò il titolo soltanto per la regola che assegna al Campione in carica la vittoria in caso di pareggio nel match mondiale): a quattro partite dalla fine Botvinnik (si giocava allora sulla lunghezza delle 24 partite) conduceva per un solo punto. Bronštejn riuscì clamorosamente a ribaltare la situazione con due vittorie consecutive, ma nella penultima partita, forzando un finale pressoché patto si trovò in gravi difficoltà dopo l’aggiornamento. All’epoca era d’uso, al termine dell’orario di gioco previsto, aggiornare la partita “mettendo in busta” la mossa; la gara veniva ripresa più tardi o il giorno dopo, dopo lunghe analisi profondamente umane… Sergio Sollima ricorderà certamente un paio di

Michail Tal’, una sembianza d’infinito

Romanticizzare significa dare all’ordinario un senso superiore, al quotidiano un’apparenza di mistero, al cognito la dignità dell’ignoto, al finito una sembianza d’infinito.
(Novalis)

Succede a volte per gli scacchi come per la letteratura. Anche chi, come me, per vocazione ed esigenze professionali frequenta la narrativa contemporanea, sente spesso il bisogno di tornare al proprio canone di grandi: Manzoni, Verga, Dickens, Gogol, Cechov, Flaubert, Maupassant, Zola, London, Pirandello, Kafka e tanti altri. Per non parlare della poesia e del pensiero filosofico e storiografico. Negli scacchi, poi, il contrasto sembra ancora più stridente: i giocatori attualmente ai vertici della classifica mondiale saranno a modo loro fortissimi (ci mancherebbe) ma raramente le loro partite appassionano. Ecco: sembra non esserci pathos, sembra non esserci quello spirito che animava i grandi del passato, ma piuttosto sembra di assistere all’esecuzione di spartiti digeriti nel corso della costante frequentazione dei motori. In breve: manca lo stile. Lo stile è il quid che ci connota, è un insieme di tratti distintivi, in cui si concentrano temperamento, cultura, esperienza vissuta (l’erlebnis dei tedeschi). ‘Le style c’est l’homme’ diceva Georges-Louis Leclerc de Buffon: lo stile è (anche) lo scacchista, si potrebbe dire. Quanti di noi sarebbero in grado, se non si sapessero in anticipo i nomi dei contendenti, di riconoscere

La Donna Scandinava

Il 21 Dicembre è il solstizio d’inverno. Chiamatelo come volete: “Alban Arthuan” (ovvero “la rinascita del Dio Sole”) come i Celti; “Yulè” (ovvero la “ruota dell’anno”) come i Germani; “Jul” (“ruota solare”) come i Norvegesi o “July” (“tempesta di neve”) come i Finnici; “Juvla” come i Lapponi o “Karatciun” (il “giorno più corto”) come i Russi: non cambia nulla, è il solstizio d’inverno, il giorno più corto dell’anno per l’emisfero Nord. Ed è l’inizio dell’inverno… E come celebrare l’inizio dell’inverno, se non con l’apertura più settentrionale di tutte?
La Difesa Scandinava non ha mai goduto di vasta popolarità, anche se la sua recente adozione da parte del Maestro Sergio Sollima rischia di rinverdire l’interesse, in verità mai sopito, per questa apertura. Si tratta di una sequenza molto antica, non priva di pregi (il compianto ed estroso danese Bent Larsen -uno dei più forti giocatori occidentali del secolo scorso, scomparso nel 2010 per un’emorragia cerebrale- amava definirla come un miglioramento della Caro-Kann, e con essa sconfisse a Montreal nel 1979 il Campione del Mondo Anatolij Karpov), ma decisamente poco giocata. Infatti, le statistiche mostrano che è solo la