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Category ArchiveLe storie del Quadrato

La regina degli Scacchi e gli Scacchi

Poteva mancare un’occhiata alla serie-cult del momento? Ovviamente no! Io però non l’ho vista; il Maestro (appassionato di cinema più di me) invece sì, e da par suo ha scritto… la sua. Ve la propongo tale quale.

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A proposito di questa serie, devo dire anzitutto qualcosa sugli scacchi visto che il gioco degli scacchi riveste un ruolo fondamentale nel plot narrativo. La traduzione e il doppiaggio italiani in alcuni punti risultano risibili, anche se gli svarioni possono essere colti solo da chi sa di scacchi: fra gli altri, il nome del grande scacchista russo Alekhine (Alièchin) viene pronunciato goffamente all’inglese (Alecàin), il termine “variante” viene reso con “variazione”, che non esiste nel lessico tecnico degli scacchi. In generale, il gioco degli scacchi – certamente non agevole da rendere in maniera efficace sullo schermo – viene spettacolarmente concentrato in mosse eseguite troppo velocemente e meccanicamente, come se lo scacchista avesse fra le mani il cubo di Rubik invece che i pezzi sulla scacchiera. Troppo enfatizzata, poi, la ricorrenza degli sguardi indirizzati all’avversario piuttosto che alla scacchiera: la guerra psicologica ha un suo ruolo nella contesa scacchistica ma si gioca su una gamma più ricca e sottile di sfumature. Taccio di altre incongruenze nella rappresentazione del gioco.
Le storie di contorno appaiono, poi, un po’ ingabbiate in stereotipi rappresentativi: il custode burbero e solitario ma in fondo tenero, il padre adottivo avido e insensibile, la madre adottiva frivola e alcolizzata, l’amica d’infanzia generosa e comprensiva, alcuni scacchisti piuttosto inaffidabili. Le attrici protagoniste – Isla Johnston è Beth Harmon bambina, Anya Taylor-Joy è la Beth cresciuta – hanno carisma e presenza scenica ma una fissità un po’ monocorde nelle espressioni. Discreta la ricostruzione ambientale, con il sapore degli anni ’60 variamente diffuso negli arredamenti, nelle auto, negli abiti, nella musica. Abbastanza fedele la contrapposizione fra lo scacchismo sovietico – che fu una vera e propria scuola, una “corazzata” con tanti notevoli campioni – e quello americano, basato su singoli exploit. Nella reale storia degli scacchi, il leggendario Bobby Fischer sfidò, praticamente da solo – vincendo – Boris Spassky, che aveva dietro un formidabile team di consiglieri e allenatori.
Ben calibrato il messaggio fondamentale degli scacchi come riscatto sociale ed economico oltre che come veicolo di maturazione emotiva. Resta, in definitiva, la sensazione di una serie onesta, che si segue abbastanza volentieri ma che è stata, a mio avviso, sopravvalutata e che, con alcune scelte più coraggiose nella sceneggiatura, avrebbe potuto risultare più coinvolgente.
(Sergio Sollima © 2021)

Cosa significa essere uno scacco

Il Re, com’era logico, era il più furente: “Hai sbagliato quando hai inutilmente sacrificato il nostro pedone in e4, senza calcolare bene la risposta dell’avversario. Era chiaro che, dopo aver accettato il sacrificio, non sarebbe caduto nel tranello alquanto banale che avevi teso e così ti sei subito ritrovato con un pedone di meno, senza uno straccio di controgioco. Non hai pensato a quel povero pedone?”

Fu la volta del Cavallo, che a mala pena cercava di controllare il suo scalpitante disappunto: “Dovresti ormai sapere che nella difesa Najdorf alla spinta 6…e5 si risponde con 7.Cf3. Che senso aveva mettermi in b3, lontano dal vivo dello scontro? Credevi forse che mi sarei tirato indietro? Che rabbia se solo penso alle tue mani che mi hanno sollevato e messo nella casa sbagliata senza che io potessi fare nulla! Avrei preferito disintegrarmi fra le tue dita, disperdermi su tutta la scacchiera.”

“E io cosa dovrei dire?” disse l’Alfiere campochiaro, oscillando nervosamente su e giù per la grande diagonale ormai sgombra nella generale smobilitazione “mi hai cambiato stupidamente con un cavallo in una posizione aperta e ti sei precluso le già poche possibilità di patta che avevi. Non conosci neanche le regole più elementari del finale.”

Il giocatore era rosso in viso e non sapeva cosa rispondere e poi non capiva ancora come facesse a trovarsi lì, sulla scacchiera, unico imputato, davanti a una corte implacabile. Stava per dire qualcosa quando intervenne la Donna, che fino a quel momento se n’era stata crucciata in silenzio, circondata da uno stuolo di Pedoni disfatti e avviliti: “Non è la prima volta che ci mandi allo sbaraglio e so io quali affronti ho dovuto sopportare perfino da pedoni, che mi hanno inseguito e minacciato fino a costringermi in un angolo in cui io – la Donna, dico, la Donna! – ho dovuto assistere impotente alla disfatta del mio esercito e alla disperazione del mio amato Re, sballottato qua e là sino al matto, senza neanche l’onore delle armi! Non c’è punizione adeguata per te che non hai mai pensato al dolore che ci procuravi, alle umiliazioni alle quali ci sottoponevi. Pensavi fosse un semplice gioco? Pensavi di poter disporre di noi come di schiavi sempre ai tuoi dissennati ordini?”

“Io vi prometto che mi metterò a studiare, che non sbaglierò più una variante…la Najdorf non avrà più segreti per me…anzi no, vi prometto che non giocherò mai più, che non oserò mai più neanche toccarvi né guardarvi…”

“Troppo facile” disse il Re “devi pagare e pagherai. Nella vita chi sbaglia paga e gli scacchi sono come la vita.”

“Lasciatemi andare, vi prego, non potete tenermi qui imprigionato sulla scacchiera, se ne accorgeranno prima o poi, verranno a liberarmi.” Ora piagnucolava: non sapeva a cosa aggrapparsi.

Ma il Re, dopo un rapido cenno d’intesa con la Donna, le Torri, i Cavalli, gli Alfieri, i Pedoni, sentenziò: “Uno dei nostri valorosi Pedoni centrali era già stanco da un po’ per le tante battaglie, lui che è sempre stato uno dei più esposti, che non si è mai tirato indietro sin dalle prime mosse di ogni partita. Mi ha confessato che non gli dispiacerebbe godersi un po’ di riposo. Prenderai il suo posto, diventerai un pedone a tutti gli effetti e capirai cosa significa essere mandati allo sbaraglio, avere poche armi per difendersi e avanzare, solo avanzare senza poter mai retrocedere, sempre disposti al sacrificio. Forse, se avrai più fortuna di chi stai per sostituire, proverai la gioia di essere promosso sul campo e allora potrai trasformarti anche in una magnifica Donna coronata. Capirai cosa significa essere uno scacco.”

dal libro di Sergio Sollima L’automobile che m’investirà e altri racconti, Manni Editore 2008