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Nasino Francese

Nasino Francese

Come molti sanno, la Difesa Francese deve il suo nome al famoso match per corrispondenza giocato nel 1834 fra Londra e Parigi: la sua adozione in tutte o quasi le partite da parte del circolo francese, con lusinghieri risultati, valse all’apertura il nome che porta. Pochi invece sanno che è stata cantata anche in un album del nostro Enrico Ruggeri, ormai più di 30 anni fa!
Non è un’apertura facile da giocare per il N, ma è complicatissima da affrontare per il B. Solida, spinosa, senza fronzoli richiede comprensione strategica non comune, ma anche tanta pazienza. Nata come strumento difensivo da opporre all’Alfiere “italiano” in c4 chiudendone la “diagonale della morte” a2–>f7, si è evoluta in un’apertura dalle molteplici sfaccettature strategiche, in cui domina, come nell’Ortodossa, il problema dell’A campochiaro del N. In italiano, per i tipi della “Mursia” sono comparsi due volumi fondamentali per questa apertura (che è stata, prima della dilagante moda sicula, la regina dei giochi detti “semi-aperti”): uno, specificamente dedicato alla più recente variante Tarrasch (1.e4 e6 2.d4 d5 3.Cd2), ad opera del M° Franco Zaninotto; un altro, più classico e generico ma comunque essenziale, fu scritto dal compianto MI Giorgio Porreca (“La Difesa Francese“). Probabilmente nulla descrive meglio questa difesa delle parole di Porreca: «Personalmente confesso che ogni volta che ho adottato la Francese, immancabilmente per l’intero arco della partita sono stato preda di un grande amore-odio-amore per essa: amore al principio, per la suggestione dei primi insegnamenti del M° Del Vecchio, un sensibile cultore della Francese; odio poi, per le sofferenze che essa impone per lunghe fasi di gioco; ancora amore, infine, per la soddisfazione dei risultati che essa in genere mi ha procurato (…)». Questo si legge nella mia copia, acquistata il 17 settembre 1982, novello studente universitario, presso “Bigliocchi – Tutti i Giuochi”, un bellissimo locale in via Due Macelli, a Roma. Io l’ho giocata per anni, e il buon Sergio Sollima mi ritiene un grande esperto di questa apertura: sarei insomma un micro-Uhlmann, un nano-Petrosjan, un mini-Korčnoj, giusto per citare alcuni dei massimi esperti della Francese. Diciamo che me la cavo, ma ho dovuto sostanzialmente abbandonarla, sebbene l’abbia suggerita a mio figlio Alex per invogliarlo a una migliore comprensione strategica del gioco. Il motivo è eminentemente pratico e fondamentalmente psicologico: in torneo o match non ho mai perso una partita, col N, giocando la Francese (e ne ho giocate parecchie!). Di converso, ho vinto una volta sola; ma, soprattutto, non sono riuscito a spuntarla nel 1986 al torneo di Gaeta all’ultimo turno contro il giudice Arcangelo De Biase da Napoli (e chi se lo scorda?), quando mi beccai il terzo “Nero” di fila (lo so, oggi sarebbe impossibile: ma allora poteva capitare…) all’ultimo turno del torneo di 2N. Vincendo, avrei conquistato il secondo posto e la promozione in 1N (terza promozione in due tornei!). Finì che il giudice trovò bizantinismi da codice civile per tutta la partita, e intascò il mezzo punto, nonostante tutti i miei sforzi. Non è facilissimo trovare, oggi, dei giocatori che amino la Francese. Pensavo che Alex e io fossimo quasi gli ultimi dei Mohicani, quand’ecco che all’orizzonte del Campionato provinciale a squadre 2018/19 spuntò la figura dell’ottimo Fabrizio De Cristofano, giacobino purosangue di sponda girondina. Chiamato per la seconda volta a difendere la prima scacchiera di Cassino e questa volta col N, ha incrociato i pezzi con l’emergente (ma emotivo) Paolo Marcelli, detto “Akon” per motivi a me, anzianotto rockettaro/sinfonico/classico per nulla amante del rap, non chiari. Lo indovinereste? La partita è rimasta subito affascinata dal classico nasino francese, e senza accorgersene ci si è subito proiettati quasi sugli Champs Élysées.
La domanda però è: ci si può avviare a una partita gravemente compromessa fin dalla 7a mossa avendo il B in una Francese? A quanto pare, sì. Vediamo.

A pensarci bene, più che un nasino francese questa è stata un’esecuzione alla ghigliottina…

Paolo sa certamente giocare MOLTO meglio di così (e infatti a breve voglio pubblicare una sua onorevolissima sconfitta contro Lexy Ortega, in cui il GM è stato messo alle corde per lungo tempo dal nostro ragazzo), ma forse patisce troppo l’emotività quando incontra, in via ufficiale o semi-ufficiale (come in questo caso), un giocatore che in qualche maniera percepisce superiore a se stesso, giustificatamente o no. Naturalmente Fabrizio è un giocatore di assoluto spessore (un grandissimo acquisto per il nostro Circolo!), di grande esperienza e umiltà e di notevole preparazione teorica; ma questo non può giustificare un trattamento così pavido dell’apertura. Il problema, emerso già due volte sulle prime due scacchiere, è che sia nella Di Gasparro-Sollima che in questa partita il destino era segnato dopo sole 6 o 7 mosse. Credo che sia il segnale che le aperture off-beat, come dicono i moderni che hanno studiato, forse non sono una vera soluzione. E, come si dice: «Se non sei la soluzione, allora sei parte del problema».

©® 2018 Erre J Effe, analisi, commenti & strafalcioni di Fabio MARINO

NB: nessun motore o programma scacchistico è stato bistrattato o ha subito violenze per l’analisi di questa partita.

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