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Confessioni di un malandrino

Confessioni di un malandrino

Mi piace spettinato camminare
Col capo sulle spalle come un lume
Così mi diverto a rischiarare
Il vostro autunno senza piume
Mi piace che mi grandini sul viso
La fitta sassaiola dell’ingiuria
Mi agguanto solo per sentirmi vivo
Al guscio della mia capigliatura

Oggi voglio raccontarvi una storia. Può darsi che sia del tutto inventata, o che è vera solo in parte; può darsi che sia invece vera dall’inizio alla fine: chi può dirlo?
Mettetevi comodi, abbassate le luci fino alla penombra. Vi siete preparati un the o una tisana rilassante? Oppure una cioccolata calda? Bene: iniziate a sorseggiare, chiudete gli occhi, e ascoltate… Oddio, per modo di dire: questo è un articolo scritto, a occhi chiusi non si può leggere! 🙂

Un po’ di tempo fa, uno scacchista non troppo anziano (lo chiameremo “Lot”), ma nemmeno più una giovane promessa (una via di mezzo, insomma) decise di riprendere lo studio e la pratica degli Scacchi. Da giovanotto era uno “tosto”: non perdeva quasi mai, e pur non avendo raggiunto livelli celestiali nel gioco nel suo ambiente era ben considerato. Discreto conoscitore delle aperture, bravino nel mediogioco, altrettanto nei finali, aveva un mentore che chiamava affettuosamente “Maestro”; era forticino o poco più: una 1N poco sotto il valore Elo di un CM. Aveva ricominciato a giocare un po’ per rinata passione, un po’ per scommessa con se stesso: voleva vedere se le sue capacità, dopo tanti e tanti anni, erano ancora al passo. Si mise alla prova, e scoprì che reggeva con disinvoltura l’urto delle molte giovani generazioni che nei decenni si erano prese la scena. Si abituò all’uso degli archivi informatici, anche se continuava a preferire la carta stampata dei libri; coinvolse nel rinnovellato interesse anche un suo nipotino di una decina d’anni; si iscrisse senza convinzione né successo ai nuovissimi “Scacchi online“, che però non riusciva per niente a digerire. Proprio quando, con i vecchi amici di una vita, il nipotino e altre nuove leve si accingeva a prepararsi a tornei individuali e importanti, creando anche un punto di ritrovo (detto “circolo”, anche se in realtà era piuttosto squadrato nella forma: un loft, più che altro), scoppiò in tutto il mondo una terribile epidemia, che bloccò ogni attività. Non si poteva uscire, non si poteva giocare dal vivo, non ci si poteva confrontare… Si dovette reciprocamente accontentare della compagnia del nipotino, ancora più deluso del Nostro, visto che non era riuscito a fare neanche un torneo “vero” dal vivo. Misteriosamente, in un evolutissimo sistema di messaggi telematici, venne contattato da un sedicente valente giocatore. Lot restò inizialmente un po’ perplesso: come faceva il buon Hydrokultur (chiamiamolo così) ad avere il suo numero di telefono? Mah… mistero della Rete! Hydrokultur gli propose di tenersi attivo in una specie di club virtuale, come fosse un circolo di amici, in cui condividere racconti, esperienze, confidenze scacchistiche: “Tanto, purtroppo dal vivo non si può giocare! E ti garantisco -rincarò lo sconosciuto- che non ci sarà mai nulla da pagare!” Lot si iscrisse, e si ritrovò con un centinaio di scacchisti incalliti come lui.

Per diversi mesi in effetti fu divertente: c’erano dibattiti; i più forti che spiegavano i concetti ai neofiti; le eterne discussioni su chi fosse il più grande giocatore di tutti i tempi; i classici “ruoli sociali”, con il troll, il permaloso, il saccente, il timido… Tutti i tipi psicologici che ognuno conosce, insomma. Poi, qua e là cominciò a fare capolino il “piccolo spazio pubblicità”. Tale Grasshopper, con il beneplacito di Hydrokultur (che governava il gruppo con melliflua vérve tirannica), iniziò a pubblicizzare alcune ingenue iniziative a pagamento: offriva un servizio che era completamente gratuito… e chiedeva una tariffa per il servizio! In pratica, avrebbe voluto farsi pagare l’acqua della fontanella pubblica. Pochi furono i gonzi a cascarci, ma il fatto in sé lasciava un pochino interdetto Lot. Si confrontò con Hydrokultur, che con grande imbarazzo tentò improbabili giustificazioni: “Non so chi sia, lo giuro! Io non approvo! Ma come è finito nel mio ‘Shamat’ (il nome del circolo virtuale)? Facciamo così, Lot: tu non crei polemiche in ‘Shamat’, e io lo faccio smettere. Che ne dici?”

Poi, fu la volta di altri servizi, offerti dietro contributo volontario alle spese: un corso speciale via satellite sugli Scacchi vulcaniani; un autografo di Spock in persona; un viaggio via webcam sulla tomba di Fischer: cose così. Sembravano, alla fine, cose tutto sommato accettabili, inserite in un gioco per adulti in stile D&D in cui c’era il gruppo ‘Shamat’, la “Camera dei Rappresentanti di ‘Shamat’ “, l’ “Assemblea sovrana di ‘Shamat’ “, i “Magici Sondaggi di ‘Shamat’ ” e così via. Hydrokultur aveva l’abitudine di offrire cariche di questo altissimo prestigio, per le quali si narrava di accoltellamenti notturni e zuffe diurne furibonde fra i membri del circolo virtuale pur di ottenerle, a coloro con i quali aveva avuto qualche discussione più accesa e/o a coloro che lui “sentiva” di non potere soggiogare ai suoi innocenti (ma in qualche modo per lui importanti) giochini di ruolo. Pomposo e maestoso nella sua Celeste e Ineffabile Infallibilità, dispensava questi corposi doni, dando spesso un colpo al cerchio e un altro alla botte.

Un giorno fece scendere Lot dalla giostra. Di colpo e senza motivo, da uomo di fiducia, pietra angolare su cui costruire la ricostruzione del movimento scacchistico italiano, ottimo divulgatore, Lot fu subdolamente accusato del peggiore dei reati che si possa fare a un giocatore online di Scacchi: quello di essere un cheater, un baro, un imbroglione, un malandrino per chissà quali fini (visti anche i suoi punteggi online, largamente al di sotto alle sue performance a tavolino). Scattò tutto, inspiegabilmente, dalla risoluzione di alcuni facili diagrammi. Da quel momento, Hydrokultur si mostrò un implacabile persecutore di Lot. Quest’ultimo aveva anche mostrato in ‘Shamat’ alcune sue belle partite: fu la fine. Padroneggiando appieno lo stile del ‘Barbiere di Siviglia’ (“La calunnia è un venticello/un’arietta assai gentil”) utilizzò astutamente alcune confidenze che Lot gli aveva fatto. Lo mise in pessima luce, adombrando il sospetto che le sue prove sulla scacchiera non fossero il frutto di un modesto talento e di un antico (vetusto?) studio del Nobil Giuoco, ma che fossero invece espressione dell’incorporea ideazione di un cuore di silicio: in altri termini, che barasse, usando i famosi (e famigerati a un tempo) “motori scacchstici”. Lot si sorprese; si offese; si risentì. Essere un “dopato negli Scacchi” era un’accusa infamante! Chiese spiegazioni, e in risposta Hydrokultur pretese da lui “le scuse”. Il satrapo telematico alternava blandizie e minacce, ma era irremovibile: voleva vampirizzare la sottomissione di Lot. Che, finalmente, reagì. Hydrokultur, ipocrita come sempre, dapprima (vista la mala parata) si accreditò come persona saggia: “Non sia mai che io caccio qualcuno da ‘Shamat’ perché non va d’accordo con me! Io sono una persona seria!”. Fece calmare le acque; poi, nel silenzio vile della notte, colpì, dando l’ostracismo all’innocente Lot. Che aveva sì un gran bel caratterino, ma che da tempo si era praticamente ritirato dalla presenza virtuale in ‘Shamat’. Un agguato in piena regola, senza giustificazioni. E condito, poi, dalla minaccia di divulgare “un piccolo segreto, e cioè che Lot era un volgarissimo baro”. “Pensa, Lot: per ora lo sanno solo i membri di ‘Shamat’: ti dispiacerebbe di più se lo raccontassi a tutti, no? Quindi, taci. Non raccontare delle contribuzioni volontarie; non dire a nessuno delle iniziative gratuite a pagamento. Non ti conviene. Ti sei scelto un nemico pericoloso, Lot: io sono un Principe del Buco, il Re dei Gabellatori. Tu tacerai”. Lot chinò il capo.

Questa la storia. Ma io non sono come Lot, e non chino il capo. E nel proclamare che Lot era un malandrino, un vero cheater (perché aveva studiato tanto e ricordava molto; perché cercava di prepararsi, anche con i motori, sugli avversari che doveva incontrare; perché esplorava linee che presumeva potessero non piacere al suo avversario), dico anche questo.
Non fidatevi degli sconosciuti. Lasciate perdere chi vi blandisce promettendovi viaggi su Marte al costo di un abbonamento base a Sky. Inseguite e pretendete la qualità di chi ha referenze da esibire, non di chi si gingilla con parodie di Organizzazioni Istituzionali vantando seguiti numerici di bassa lega.
Come dite? Vorreste sapere quali sono gli strumenti di cheating, di imbroglio che usava Lot? Eccone alcuni. Ne mancano molti, e mancano tutti quelli in formato elettronico.

Buon Natale, comunque a tutti.

NB:
QUESTO È UN ARTICOLO DI FANTASIA. QUALSIASI RIFERIMENTO A FATTI, ORGANIZZAZIONI O PERSONE REALMENTE ESISTENTI O ESISTITE È DEL TUTTO CASUALE E NON VOLUTO. 🙂

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